La “Notte Verde”... ti fa riscoprire i bisogni “radicali” della vita (il bello della convivialità con gli altri; il piacere dell’ascolto e della descrizione; la curiosità per la manualità semplice ma ingegnosa degli esseri umani; la ricchezza espressiva degli animali; la saggezza chiusa nei semi, nelle piante, nelle confetture) e ti soddisfa nei bisogni umani più liberi dalla cupidigia del consumo. Chi invoca la “vocazione turistica” del territorio dovrebbe capire che non c’è nulla di vissuto e di “habitus” nel garantirsi una somma di “residenti” temporanei che si lascia vivere da un luogo senza conoscerlo e soprattutto senza nulla ad esso donare. Nel Salento, l’emblema di questo vuoto è divenuto ormai il “turista” partecipante alla “Notte della Taranta”: tanto coinvolto dai ritmi, quanto ignaro dei contenuti profondi e delle difficili storie dei contadini del Sud. L’abitare richiede invece sempre una scelta radicale: quella del “restare” in un luogo, per recuperarlo, amarlo con un proprio fare, arricchirlo non attraverso il denaro ma l’azione. Del resto, si deve proprio ai ragazzi della “Notte Verde” la rivendicazione di quell’elementare diritto umano che consiste nella “restanza”, in un mondo sradicato dalla frenetica e disumana “libertà di circolazione”...